Luci di Maria - Maggio | Giugno 2018 - page 13

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spiro per la vita fisica dell’uomo – pre-
cisa il futuro papa -; principio divino,
che fa del figlio della terra un figlio del
cielo (…). E’ un bisogno primo, biso-
gno esistenziale, bisogno che non può
essere soddisfatto con illusioni o con
surrogati (…). La vita intima di racco-
glimento, di silenzio, di meditazione,
di assorbimento della Parola di Dio, di
esercizio spirituale…”.
Era certamente una persona-
lità molto riservata, misurata, discreta,
ma era, nel contempo, anche profon-
damente umana, cordiale, affettuosa,
aperta all’amicizia e alla gioia. “La mia
prima impressione di Montini – preci-
sa il suo amico fraterno Jean Guitton
– contiene qualcosa di immediato e di
decisivo. Mi sembra che emani qualco-
sa di aperto, di diretto, di spontaneo
senza unzione clericale, senza nulla di
ecclesiastico, di prudente; un uomo
vivo e un uomo fresco (…), sa capi-
re l’interlocutore di istinto, rivelando
grande capacità di intuizione”.
Il padre Leonardo Sapienza, reg-
gente della Casa Pontificia e profon-
do conoscitore di Montini, aggiunge:
“Non uomo freddo e distaccato. Chi
l’ha conosciuto nel privato può testi-
moniare della sua affabilità e della sua
delicatezza d’animo”. Beneficiava di
una straordinaria finezza umana e di
spirito. Racconta il giornalista Mim-
mo Muolo che il papa mandò una rosa
rossa alla moglie del dottor Renato
Buzzonetti, che nel 1967 aveva guidato
l’intervento chirurgico al papa, e l’ave-
va motivata con delicate e simpatiche
parole: “Questo dono è per sua moglie,
alla quale l’abbiamo sottratto per tanto
tempo”.
L’iter lungo, lineare e, a tratti,
sofferto del suo servizio alla Chiesa
comincia come addetto alla Nunzia-
tura di Polonia (l’unica sua esperienza
di diplomazia esterna), poi minutante
alla Segreteria di Stato, assistente gene-
rale del Circolo studentesco romano e,
poi, della FUCI, con intenso impegno
di direzione spirituale; e infine sostitu-
to della Segreteria di Stato, iniziando a
lavorare strettamente al fianco del car-
dinale Eugenio Pacelli; poi arcivescovo
di Milano, cardinale e papa.
Il papa del Concilio Vaticano II
La grande Assise della Chiesa
cattolica è stata l’orizzonte e il costan-
te punto di riferimento del pontificato
di papa Montini. La parola-chiave del
Concilio è stata aggiornamento, come
precisa lui stesso il 22 giugno 1963, il
giorno della sua elezione: “La parola
resa ormai famosa, del nostro venerato
predecessore Giovanni XXIII, la paro-
la aggiornamento sarà da noi sempre
tenuta presente come indirizzo pro-
grammatico”. Il Concilio voluto for-
temente da Giovanni XXIII, fu aperto
l’11 ottobre 1962 e fu concluso tre anni
dopo da Paolo VI, l’8 dicembre 1965.
Alle prese con una società che
andava secolarizzandosi; di fronte a un
progressivo distanziarsi tra Chiesa e
mondo, il papa individuò nel dialogo
lo strumento prezioso per una possibi-
le collaborazione in vista del bene co-
mune e al servizio dell’uomo. Pertanto,
precisa il papa: “Il Concilio non può
essere un match, ci si sbaglia nell’ap-
plicargli la nozione di conflitto propria
dello studio della società umana. Que-
sti sono schemi giornalistici e politici.
Non riguardano il Concilio, che è un
mistero spirituale, una via, una voce
dello Spirito Santo”.
In realtà è stata necessaria la ma-
estria del papa per mantenere l’intesa
e la collaborazione nei padri conciliari:
tra i tradizionalisti che paventavano le
aperture eccessive e gli innovatori che
accusavano la Chiesa di immobilismo.
Con ammirabile capacità di media-
zione, riuscì a garantire la fedeltà alle
verità di fede e, nello stesso tempo,
assecondò l’aggiornamento della Chiesa. Egli
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